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mercoledì 8 maggio 2019

L'ALBA DI UNA NUOVA VITA


L’alba e il tramonto sono i momenti che delimitano il giorno, in cui la luce solare effonde i suoi benefici influssi sulla natura e sugli esseri viventi. Similmente, nella parabola esistenziale umana, la nascita e la morte sono gli attimi cruciali tra i quali fluisce la vita. Questi fondamentali eventi dell’esistenza segnano il perenne rinnovarsi  della natura e il perpetuarsi della vita umana sulla terra, attraverso il trascorrere inarrestabile del tempo.
Sullo sfondo della storia d’Italia degli ultimi cinquant’anni, Andrea, di umili origini venete, lotta nei difficili anni del dopo guerra per farsi una dignitosa posizione nella società, aiutato dall’amore con una ragazza del suo paese, Giulia, incontrata in circostanze imprevedibili. Ma giunto a conclusione del suo lavoro, nel momento in cui ognuno spera di godersi un po’ la vita, le condizioni di salute di Giulia peggiorano, fino a condurla alla fine. Andrea con coraggio e forza d’animo saprà risollevarsi e riscoprire l’alba di una nuova vita.

Pubblicato il 30 apr. 2019, da BOOKSPRINT EDIZIONI

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martedì 1 gennaio 2019

Dopo un sconfitta militare Vittorio Veneto



Lo sfondamento del fronte italiano nei settori di Plezzo e Tolmino in Carnia, nei pressi di Caporetto, avvenuto il 24 ottobre 2017 ad opera di un’armata austro- tedesca, mise seriamente a repentaglio la tenuta della difesa italiana nel corso del primo conflitto mondiale. L’offensiva austriaca aveva l’obiettivo  strategico di conquistare la pianura friulana-veneta e possibilmente proseguire fino all’ occupazione di Milano. Il Generale Cadorna, poco amato dai soldati e criticato dai suoi Generali per la condotta statica delle operazioni, di fronte alla rottura della linea difensiva, ordinò, dapprima, il ripiegamento delle armate del fronte nord-orientale sul fiume Tagliamento e quindi la loro ritirata sul Piave. Egli ritenne, correttamente, che il sistema difensivo, Trentino - Monte Grappa - fiume Piave, fosse il baluardo su cui organizzare l’ultima difesa. Su queste posizioni il fronte si accorciava considerevolmente (di circa 300Km.) e si ancorava al massiccio del Monte Grappa che poteva fungere da perno in una eventuale manovra di contrattacco, tesa alla riconquista del terreno perduto. Il ripiegamento del fronte causò circa 11mila morti, 29 mila feriti, oltre 300 mila prigionieri e altrettanti sbandati e profughi che fuggirono dalle loro terre occupate dagli austro-tedeschi. L’invasione del Friuli sconvolse tutta la nazione. Cadorna venne sostituito dal Gen. Diaz, si formò un nuovo  Governo. La sconfitta militare evidenziò, tra l’altro, la fragilità delle istituzioni del nuovo Stato unitario e la loro difficoltà nell’alimentare lo sforzo bellico. Dal punto di vista militare, era necessario ripensare a una nuova strategia difensiva, non più basata sulla difesa ad oltranza e sulle “spallate” effettuate con l’impiego a massa delle truppe per scardinare le posizioni dello schieramento  avversario, ma concepire una difesa elastica, su unità leggere in grado di contrattaccare, difendere o arretrare secondo le circostanze, sostenute dall’impiego massiccio dell’artiglieria. Occorreva valorizzare il soldato con un trattamento più umano e con risorse adeguate alla grave situazione. L’Esercito era demoralizzato, sfinito per i lunghi anni passati in trincea, privo di mezzi e del ricambio naturale di uomini.
Dopo le vicende di Caporetto il Paese intero, ancora diviso nella diatriba neutralità ed interventismo, fu chiamato a fornire il massimo sostegno, morale, economico, politico alle truppe che combattevano al fronte. Avvertendo il pericolo che anche il Veneto potesse seguire le sorti del Friuli, fu deciso di reclutare i diciottenni del 1899, trecentomila giovani della classe non ancora chiamata alle armi. Essi furono inseriti tra le file dei veterani portando nuova linfa vitale ed incosciente entusiasmo. Annoterà il Gen. Diaz, con una punta di retorica: «Li ho visti i Ragazzi del ’99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora». Con l’ estrema difesa sul Piave  si combatteva per il futuro della patria. Tra le due sponde del fiume c’era la vita o la morte, la vittoria o la sconfitta. Nell’immaginario collettivo il Piave assunse sembianze umane: “mormorava” quasi per manifestare la sua vicinanza ai soldati, travolgeva con l’impeto dei suoi flutti i nemici che lo attraversavano, accoglieva pietosamente  il sangue dei caduti che nelle sue acque trovavano sepoltura. Dal novembre 1917 all'estate 1918, su questo fiume si svilupparono quel complesso di azioni risolutive che portarono alla battaglia finale di Vittorio Veneto.
Sulla sconfitta di Caporetto sono stati scritti decine di libri, mentre  nessuna pubblicazione ha rievocato finora le gesta eroiche dei soldati italiani sul Piave e sul Grappa. Probabilmente la sconfitta di Caporetto ispirò maggiormente gli storici rispetto alla successiva grande vittoria.  Pertanto, è doveroso ricordare che le battaglie sul Piave non furono una “leggenda”. Esse rappresentarono la riscossa morale e materiale di tutto il Paese, che con sacrifici indescrivibili, al fronte, nelle città, nelle campagne, lottò unito per la salvezza della patria. Sul Piave morirono veneti e lucani, napoletani e genovesi. Altri soldati, provenienti da ogni regione d’Italia, erano caduti nei precedenti combattimenti.
La storia ufficiale non ha ancora approfondito del tutto le motivazioni della vittoria. Questa  non scaturì dal miglioramento del vitto alle truppe, mai tanto scarso come in quei giorni e nemmeno dai turni di riposo ai combattenti che non furono mai concessi. Non fu il risultato delle decisioni prese dal nuovo Governo (i fanti non sapevano neppure che quello vecchio era caduto) e nemmeno il frutto dell’intervento militare delle truppe alleate che entrarono in linea ai primi di dicembre, dopo aver visto che gli italiani potevano fronteggiare da soli il nemico. Non fu la conseguenza della potenza economica della nazione che era completamente a terra. Certamente, dopo anni di confusione e paura, tutti gli italiani compresero che si stava combattendo la guerra di casa. Si doveva difendere la propria terra, salvaguardare le proprie famiglie, impedire che alle donne venisse fatto quello che stavano subendo le friulane e le venete al di là del Piave e del Grappa. Era una guerra che ai nostri nonni, fanti contadini, abituati a badare alla terra e alla famiglia, risultò quasi naturale, inevitabile. La rassegnazione di un “popolo calpestato e deriso” si trasformò in una prodigiosa forza morale che coagulò gli sforzi di tutti, combattenti, donne, giovani ed anziani,  nell’amor di patria e segnò la nascita vera della nostra nazione.



martedì 16 gennaio 2018

Non per apparire ma per essere

Cari Soci ed amici, il mandato per il Direttivo attualmente in carica, dopo cinque anni, è al termine. Pertanto, a norma dello Statuto dell’Associazione, è necessario indire nuove elezioni per rinnovare  le cariche sociali. 
Nel corso di questi ultimi cinque anni il Gruppo ANUPSA di Verona ha visto alcuni cambiamenti positivi, frutto dell’ oculato e proficuo lavoro svolto dal Gruppo direttivo ed anche dalla collaborazione di alcuni nuovi Soci che hanno consentito di migliorare aspetti organizzativi e funzionali della sede e di alcuni servizi forniti agli Associati. Il Direttivo ha affrontato con determinazione le iniziali difficoltà, di carattere economico e non solo, mediante l’impegno, la disponibilità e la piena collaborazione dei suoi componenti. In particolare, ritengo evidenziare che le decisioni sono stato prese, sempre insieme, con senso di responsabilità, allo scopo di tenere vivo e far funzionare il sodalizio. In esso gli Associati hanno potuto presentare ed anche ottenere risposte alle loro istanze, incontrare colleghi, amici e simpatizzanti in un ambiente sereno ed accogliente, sentendosi “in casa propria”. Senza entrare nei dettagli delle attività svolte e dei risultati raggiunti, desidero, tuttavia, sottolineare il miglioramento dei rapporti del nostro Gruppo ANUPSA con la Presidenza Nazionale, con gli altri Gruppi del Triveneto e con alcune Associazioni Combattentistiche, d’Arma e culturali di Verona. Nel corso del periodo in argomento il numero dei Soci e simpatizzanti è aumentato di circa 50 unità (da160 a 211), senza considerare le perdite, con il conseguente aumento delle disponibilità finanziarie che hanno consentito, sino ad oggi,  di accantonare più di 4500€ a fondo scorta. I risultati positivi raggiunti in campo amministrativo sono da attribuire, inoltre, alla riduzione graduale e mirata delle spese per il funzionamento della sede e l’attuazione delle diverse attività. La regolarità e la gestione rigorosa dei conti, è stata certificata dal Collegio dei Sindaci, il quale ne ha dato atto nel corso delle Assemblee ordinarie annuali. Significativo è stato anche il servizio fornito agli Associati, mediante l’organizzazione dei corsi di informatica, l’assistenza fiscale, il rinnovo delle patenti di guida, la trattazione delle pratiche pensionistiche, ecc.. Va data, infine,  particolare menzione alla redazione del notiziario, in una veste editoriale nuova, con contenuti da molti apprezzati e alla costruzione e pubblicazione dei due siti  www.anupsa.it e www.anupsa.com , quali strumenti di consultazione ed approfondimento informativo, culturale e professionale.
In conclusione desidero porgere un vivo, sentito ringraziamento a tutti i componenti del Direttivo, al Consiglio dei Sindaci, al Rappresentante dei Soci Simpatizzanti, al Direttore ed alla redazione dell’ “Ufficiale a Verona” per la fattiva, continua, disinteressata collaborazione. Il mio  plauso va inoltre ai Soci che da qualche anno collaborano strettamente con il Direttivo, nello svolgimento di compiti essenziali per il buon funzionamento del sodalizio, con l’auspicio che essi possano entrare a far parte dello stesso, a pieno titolo, a seguito delle consultazioni in argomento. Porgo un saluto cordiale a tutti i Soci e agli amici simpatizzanti, assieme all’invito di esprimere serenamente il proprio voto, affinchè il Gruppo ANUPSA di Verona sia sempre più apprezzato  e stimato in ambito nazionale e nella nostra bella città,  per le attività di carattere morale e culturale che svolge, nel solco delle sue tradizioni, dei valori di dedizione ed amore alla patria e nel rispetto delle libere Istituzioni, con lo spirito del motto:  “Nec videar dum sim”, non per apparire ma per essere.


sabato 6 maggio 2017

Il 6° Reggimento Alpini


Il 6° Rgt. alpini fu costituito a Conegliano nel 1883. Qualche anno dopo (1885) si trasferì a Verona nella Caserma “Pallone”. Nel 1902 furono organizzati i Gruppi alpini su due-tre Reggimenti, comandati da un Generale. Il 9 agosto 1910 i Gruppi alpini assunsero il nome di Brigate alpine. Delle tre Brigate, la  III fu formata nella sede di Verona  con il 6°, 7°, 8° Reggimento Alpini.
Il 24 maggio 1915  il 6° Rgt., comandato dal Col. Ugo Porta, era costituito dai battaglioni: Verona, Vicenza, Bassano, Monte Baldo, Sette Comuni, Val d’Adige, Val Leogra, Val Brenta e dal btg. sciatori Monte Pasubio. Per il suo impiego nel conflitto perse la sua unità organica, alcuni suoi battaglioni furono assegnati ad altri Gruppi e Reggimenti. Rimasero al Reggimento i  battaglioni: Verona, Monte Baldo e Val d’Adige; essi all’inizio delle ostilità si schierarono sulla riva orientale del Garda e sugli Altipiani della Lessinia (Monte Baldo-Vallarsa). Con l’evolversi delle operazioni belliche i battaglioni “veronesi” furono impiegati nelle battaglie più impegnative e cruente, basta ricordare le località: Monte Pasubio, Monte Ortigara (il calvario degli alpini), Monte Grappa, Vittorio Veneto.
E’ da ricordare che il 9 luglio 1916, il Ten. Cesare Battisti e il S. Ten. Fabio Filzi, entrambi irredenti, appartenenti al 6° Rgt. alpini, furono catturati dagli austriaci sul Monte Corno e furono giustiziati a Trento. La riorganizzazione ordinativa  post conflitto  vide il passaggio del btg. Verona all’8° Rgt. Alpini, dove restò fino al 1926, prima di far ritorno al suo vecchio Reggimento. Il 6° Rgt., nel frattempo, abbandonò per sempre la città e si dislocò in Alto Adige, pur lasciando il proprio Deposito nella città di Verona. I Battaglioni Monte Baldo e Val d’Adige furono sciolti. 

lunedì 18 luglio 2016

Libertà di scegliere la propria vita affettiva

La Consulta ha dichiarato illegittima e contraria  alla Costituzione la norma contenuta nell’articolo 18, comma 5, del decreto legge n.98/2011, volta a disciplinare la pensione di reversibilità a favore del coniuge superstite, nel caso in cui questi, inferiore di età di più di vent’anni, fosse convolato a nozze con il titolare della pensione ultra settantenne. In pratica si voleva limitare i così detti matrimoni di “convenienza” in quanto avrebbero costituito un aggravio per l’INPS. 
La sentenza della Corte ribalta il pregiudizio negativo che ispira la norma del 2011. Ne contesta l’irragionevolezza perché, spiega la Consulta, si «enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo». Oggi tuttavia, l’arco della vita si allunga e la società è di fronte a un «non trascurabile cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personali, indipendenti dall’età». 

Certamente nessuno, nemmeno lo Stato può permettersi di punire chi convola a nozze con un coniuge di almeno vent’anni più giovane, limandone in prospettiva la pensione di reversibilità. La Consulta definisce «inaccettabili le limitazioni basate su un dato meramente naturalistico quale l’età». Sottolinea con vigore che non è consentito «interferire con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali» tra le quali «la piena libertà di determinare la propria vita affettiva». 

mercoledì 6 luglio 2016

Cosa succede dopo la Brexit?

A regolare la materia è l'articolo 50 del Trattato sull'Unione Europea, una delle due parti del Trattato di Lisbona del 2007, quello che ha creato l'Ue, sostituendo il trattato costituzionale bocciato dagli elettori francesi e olandesi nel 2005. "Qualsiasi Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione", recita il primo comma.
"Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio Europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio Europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Ue".
"L'accordo - prevede ancora il trattato - è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione al Parlamento Europeo. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica, salvo che il Consiglio Europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine".
I due anni valgono come limite per stabilire le modalità di recesso dall'Ue, e non per rinegoziare i rapporti con l'Unione, cosa questa che potrebbe richiedere anni (le stime variano da cinque fino a nove-dieci). Naturalmente, lo Stato che recede "non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio Europeo e del Consiglio che lo riguardano".
La 'secessione' dall'Ue è definitiva, tanto che, se lo Stato ex Ue dovesse decidere di aderire di nuovo, dovrebbe ripercorrere tutte le tappe previste per l’adesione