Questa
forte emozione ha origini fisiche psichiche ed intellettuali. Ogni persona ha
le sue fragilità, le sue paure. Si ha paura per una causa generale esterna
(terremoto, terrorismo, della malattia, ecc..)o per cause molto più limitate alla
propria personalità, derivanti dalle esperienze fatte e dall’educazione
ricevuta (paura di un serpente, del buio, di guidare, ecc..). Lo psicologo
insegna che, se desideriamo veramente superare una paura,
qualsiasi essa sia, dobbiamo inevitabilmente accoglierla come si farebbe con un
ospite fastidioso, ma necessario. L’accettazione è il primo passo da
compiere. Questo vuol dire ammettere intanto di avere una paura, ma anche
cercare di comprenderla. Ciò significa che non è necessario farla propria con il proprio raziocinio. Vuol dire prenderla dentro di noi, dando alla
paura la possibilità di esserci, di esistere, di svolgere la sua funzione (attivare l’organismo con un senso di
repulsione o di accelerazione
dell’azione).
La paura ci protegge da esperienze, anche se piacevoli, che minacciano
un equilibrio che non siamo ancora pronti a rompere ed allo stesso tempo erige
intorno a noi un muro invisibile: più grande e invasiva è la paura, più alto è
il muro e angusto lo spazio interno che comunica con il mondo esterno. Insomma
una prigione. All’interno di questo
luogo protetto, ognuno con i suoi tempi, può costruire o rinforzare quegli
aspetti fragili, vulnerabili di sé, aspetti che non sono ancora pronti a
relazionarsi e confrontarsi con il mondo. In questo modo la paura diventa un
potenziale strumento di crescita e d’evoluzione per ogni individuo che intende
mettersi in gioco e trasformare aspetti disarmonici di sé.
Quando vinciamo una paura, significa che ci siamo aperti a una nuova
consapevolezza, che abbiamo fatto nostri quegli aspetti di noi stessi e della
vita che non accettavamo, anzi che disdegnavamo con tanta energia.