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sabato 11 aprile 2020
venerdì 3 aprile 2020
mercoledì 8 maggio 2019
L'ALBA DI UNA NUOVA VITA
L’alba e il tramonto sono i momenti che delimitano
il giorno, in cui la luce solare effonde i suoi benefici influssi sulla natura
e sugli esseri viventi. Similmente, nella parabola esistenziale umana, la
nascita e la morte sono gli attimi cruciali tra i quali fluisce la vita. Questi
fondamentali eventi dell’esistenza segnano il perenne rinnovarsi della natura e il perpetuarsi della vita
umana sulla terra, attraverso il trascorrere inarrestabile del tempo.
Sullo sfondo della storia d’Italia degli ultimi
cinquant’anni, Andrea, di umili origini venete, lotta nei difficili anni del
dopo guerra per farsi una dignitosa posizione nella società, aiutato dall’amore
con una ragazza del suo paese, Giulia, incontrata in circostanze imprevedibili.
Ma giunto a conclusione del suo lavoro, nel momento in cui ognuno spera di
godersi un po’ la vita, le condizioni di salute di Giulia peggiorano, fino a
condurla alla fine. Andrea con coraggio e forza d’animo saprà risollevarsi e
riscoprire l’alba di una nuova vita.
Pubblicato il 30 apr. 2019, da BOOKSPRINT
EDIZIONI
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martedì 1 gennaio 2019
Dopo un sconfitta militare Vittorio Veneto
Lo sfondamento del fronte italiano
nei settori di Plezzo e Tolmino in Carnia, nei pressi di Caporetto, avvenuto il
24 ottobre 2017 ad opera di un’armata austro- tedesca, mise seriamente a
repentaglio la tenuta della difesa italiana nel corso del primo conflitto
mondiale. L’offensiva austriaca aveva l’obiettivo strategico di conquistare la pianura
friulana-veneta e possibilmente proseguire fino all’ occupazione di Milano. Il Generale
Cadorna, poco amato dai soldati e criticato dai suoi Generali per la condotta statica
delle operazioni, di fronte alla rottura della linea difensiva, ordinò, dapprima,
il ripiegamento delle armate del fronte nord-orientale sul fiume Tagliamento e
quindi la loro ritirata sul Piave. Egli ritenne, correttamente, che il sistema
difensivo, Trentino - Monte Grappa - fiume Piave, fosse il baluardo su cui organizzare
l’ultima difesa. Su queste posizioni il fronte si accorciava considerevolmente
(di circa 300Km.) e si ancorava al massiccio del Monte Grappa che poteva
fungere da perno in una eventuale manovra di contrattacco, tesa alla riconquista
del terreno perduto. Il ripiegamento del fronte causò circa 11mila morti, 29
mila feriti, oltre 300 mila prigionieri e altrettanti sbandati e profughi che
fuggirono dalle loro terre occupate dagli austro-tedeschi. L’invasione del
Friuli sconvolse tutta la nazione. Cadorna venne sostituito dal Gen. Diaz, si
formò un nuovo Governo. La sconfitta
militare evidenziò, tra l’altro, la fragilità delle istituzioni del nuovo Stato
unitario e la loro difficoltà nell’alimentare lo sforzo bellico. Dal punto di
vista militare, era necessario ripensare a una nuova strategia difensiva, non
più basata sulla difesa ad oltranza e sulle “spallate” effettuate con l’impiego
a massa delle truppe per scardinare le posizioni dello schieramento avversario, ma concepire una difesa elastica, su
unità leggere in grado di contrattaccare, difendere o arretrare secondo le
circostanze, sostenute dall’impiego massiccio dell’artiglieria. Occorreva
valorizzare il soldato con un trattamento più umano e con risorse adeguate alla
grave situazione. L’Esercito era demoralizzato, sfinito per i lunghi anni
passati in trincea, privo di mezzi e del ricambio naturale di uomini.
Dopo le vicende di Caporetto il
Paese intero, ancora diviso nella diatriba neutralità ed interventismo, fu
chiamato a fornire il massimo sostegno, morale, economico, politico alle truppe
che combattevano al fronte. Avvertendo il pericolo che anche il Veneto potesse
seguire le sorti del Friuli, fu deciso di reclutare i diciottenni del 1899,
trecentomila giovani della classe non ancora chiamata alle armi. Essi furono
inseriti tra le file dei veterani portando nuova linfa vitale ed incosciente
entusiasmo. Annoterà il Gen. Diaz, con una punta di retorica: «Li ho visti i
Ragazzi del ’99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in
esigua schiera. Cantavano ancora». Con l’ estrema difesa sul Piave si combatteva per il futuro della patria. Tra
le due sponde del fiume c’era la vita o la morte, la vittoria o la sconfitta.
Nell’immaginario collettivo il Piave assunse sembianze umane: “mormorava” quasi
per manifestare la sua vicinanza ai soldati, travolgeva con l’impeto dei suoi
flutti i nemici che lo attraversavano, accoglieva pietosamente il sangue dei caduti che nelle sue acque
trovavano sepoltura. Dal novembre 1917 all'estate 1918, su questo fiume si
svilupparono quel complesso di azioni risolutive che portarono alla battaglia
finale di Vittorio Veneto.
Sulla sconfitta di Caporetto sono
stati scritti decine di libri, mentre nessuna
pubblicazione ha rievocato finora le gesta eroiche dei soldati italiani sul
Piave e sul Grappa. Probabilmente la sconfitta di Caporetto ispirò maggiormente
gli storici rispetto alla successiva grande vittoria. Pertanto, è doveroso ricordare che le
battaglie sul Piave non furono una “leggenda”. Esse rappresentarono la riscossa
morale e materiale di tutto il Paese, che con sacrifici indescrivibili, al
fronte, nelle città, nelle campagne, lottò unito per la salvezza della patria.
Sul Piave morirono veneti e lucani, napoletani e genovesi. Altri soldati,
provenienti da ogni regione d’Italia, erano caduti nei precedenti
combattimenti.
La storia ufficiale non ha ancora
approfondito del tutto le motivazioni della vittoria. Questa non scaturì dal miglioramento del vitto alle
truppe, mai tanto scarso come in quei giorni e nemmeno dai turni di riposo ai
combattenti che non furono mai concessi. Non fu il risultato delle decisioni
prese dal nuovo Governo (i fanti non sapevano neppure che quello vecchio era
caduto) e nemmeno il frutto dell’intervento militare delle truppe alleate che
entrarono in linea ai primi di dicembre, dopo aver visto che gli italiani potevano
fronteggiare da soli il nemico. Non fu la conseguenza della potenza economica
della nazione che era completamente a terra. Certamente, dopo anni di
confusione e paura, tutti gli italiani compresero che si stava combattendo la
guerra di casa. Si doveva difendere la propria terra, salvaguardare le proprie
famiglie, impedire che alle donne venisse fatto quello che stavano subendo le
friulane e le venete al di là del Piave e del Grappa. Era una guerra che ai
nostri nonni, fanti contadini, abituati a badare alla terra e alla famiglia,
risultò quasi naturale, inevitabile. La rassegnazione di un “popolo calpestato
e deriso” si trasformò in una prodigiosa forza morale che coagulò gli sforzi di
tutti, combattenti, donne, giovani ed anziani, nell’amor di patria e segnò la nascita vera della
nostra nazione.
martedì 16 gennaio 2018
Non per apparire ma per essere
Cari Soci
ed amici, il mandato per il Direttivo attualmente in carica, dopo cinque anni,
è al termine. Pertanto, a norma dello Statuto dell’Associazione, è necessario
indire nuove elezioni per rinnovare le
cariche sociali.
Nel corso
di questi ultimi cinque anni il Gruppo ANUPSA di Verona ha visto alcuni
cambiamenti positivi, frutto dell’ oculato e proficuo lavoro svolto dal Gruppo
direttivo ed anche dalla collaborazione di alcuni nuovi Soci che hanno
consentito di migliorare aspetti organizzativi e funzionali della sede e di alcuni
servizi forniti agli Associati. Il Direttivo ha affrontato con determinazione
le iniziali difficoltà, di carattere economico e non solo, mediante l’impegno, la
disponibilità e la piena collaborazione dei suoi componenti. In particolare,
ritengo evidenziare che le decisioni sono stato prese, sempre insieme, con senso
di responsabilità, allo scopo di tenere vivo e far funzionare il sodalizio. In
esso gli Associati hanno potuto presentare ed anche ottenere risposte alle loro
istanze, incontrare colleghi, amici e simpatizzanti in un ambiente sereno ed
accogliente, sentendosi “in casa propria”. Senza entrare nei dettagli delle
attività svolte e dei risultati raggiunti, desidero, tuttavia, sottolineare il
miglioramento dei rapporti del nostro Gruppo ANUPSA con la Presidenza
Nazionale, con gli altri Gruppi del Triveneto e con alcune Associazioni
Combattentistiche, d’Arma e culturali di Verona. Nel corso del periodo in
argomento il numero dei Soci e simpatizzanti è aumentato di circa 50 unità (da160
a 211), senza considerare le perdite, con il conseguente aumento delle
disponibilità finanziarie che hanno consentito, sino ad oggi, di accantonare più di 4500€ a fondo scorta. I
risultati positivi raggiunti in campo amministrativo sono da attribuire,
inoltre, alla riduzione graduale e mirata delle spese per il funzionamento
della sede e l’attuazione delle diverse attività. La regolarità e la gestione
rigorosa dei conti, è stata certificata dal Collegio dei Sindaci, il quale ne
ha dato atto nel corso delle Assemblee ordinarie annuali. Significativo è stato
anche il servizio fornito agli Associati, mediante l’organizzazione dei corsi
di informatica, l’assistenza fiscale, il rinnovo delle patenti di guida, la
trattazione delle pratiche pensionistiche, ecc.. Va data, infine, particolare menzione alla redazione del
notiziario, in una veste editoriale nuova, con contenuti da molti apprezzati e
alla costruzione e pubblicazione dei due siti
www.anupsa.it e www.anupsa.com , quali strumenti di
consultazione ed approfondimento informativo, culturale e professionale.
In conclusione desidero porgere un
vivo, sentito ringraziamento a tutti i componenti del Direttivo, al Consiglio
dei Sindaci, al Rappresentante dei Soci Simpatizzanti, al Direttore ed alla
redazione dell’ “Ufficiale a Verona” per la fattiva, continua, disinteressata
collaborazione. Il mio plauso va inoltre
ai Soci che da qualche anno collaborano strettamente con il Direttivo, nello
svolgimento di compiti essenziali per il buon funzionamento del sodalizio, con
l’auspicio che essi possano entrare a far parte dello stesso, a pieno titolo, a
seguito delle consultazioni in argomento. Porgo un saluto cordiale a tutti i
Soci e agli amici simpatizzanti, assieme all’invito di esprimere serenamente il
proprio voto, affinchè il Gruppo ANUPSA di Verona sia sempre più
apprezzato e stimato in ambito nazionale
e nella nostra bella città, per le
attività di carattere morale e culturale che svolge, nel solco delle sue
tradizioni, dei valori di dedizione ed amore alla patria e nel rispetto delle
libere Istituzioni, con lo spirito del motto: “Nec videar dum sim”, non per apparire ma per
essere.
sabato 6 maggio 2017
Il 6° Reggimento Alpini

Il 24 maggio 1915 il 6° Rgt., comandato dal Col. Ugo Porta, era
costituito dai battaglioni: Verona, Vicenza, Bassano, Monte Baldo, Sette
Comuni, Val d’Adige, Val Leogra, Val Brenta e dal btg. sciatori Monte Pasubio.
Per il suo impiego nel conflitto perse la sua unità organica, alcuni suoi battaglioni
furono assegnati ad altri Gruppi e Reggimenti. Rimasero al Reggimento i battaglioni: Verona, Monte Baldo e Val d’Adige;
essi all’inizio delle ostilità si schierarono sulla riva orientale del Garda e
sugli Altipiani della Lessinia (Monte Baldo-Vallarsa). Con l’evolversi delle
operazioni belliche i battaglioni “veronesi” furono impiegati nelle battaglie
più impegnative e cruente, basta ricordare le località: Monte Pasubio, Monte Ortigara
(il calvario degli alpini), Monte Grappa, Vittorio Veneto.
E’ da ricordare che il 9 luglio
1916, il Ten. Cesare Battisti e il S. Ten. Fabio Filzi, entrambi irredenti, appartenenti
al 6° Rgt. alpini, furono catturati dagli austriaci sul Monte Corno e furono
giustiziati a Trento. La riorganizzazione ordinativa post conflitto vide il passaggio del btg. Verona all’8° Rgt.
Alpini, dove restò fino al 1926, prima di far ritorno al suo vecchio
Reggimento. Il 6° Rgt., nel frattempo, abbandonò per sempre la città e si
dislocò in Alto Adige, pur lasciando il proprio Deposito nella città di Verona.
I Battaglioni Monte Baldo e Val d’Adige furono sciolti.
lunedì 18 luglio 2016
Libertà di scegliere la propria vita affettiva
La Consulta ha dichiarato illegittima e contraria alla Costituzione la norma contenuta
nell’articolo 18, comma 5, del decreto legge n.98/2011, volta a disciplinare la
pensione di reversibilità a favore del coniuge superstite, nel caso in cui
questi, inferiore di età di più di vent’anni, fosse convolato a nozze con il
titolare della pensione ultra settantenne. In pratica si voleva limitare i così
detti matrimoni di “convenienza” in quanto avrebbero costituito un aggravio per
l’INPS.
La sentenza della Corte ribalta il pregiudizio negativo che ispira la
norma del 2011. Ne contesta l’irragionevolezza perché, spiega la Consulta, si
«enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi
immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo». Oggi tuttavia, l’arco
della vita si allunga e la società è di fronte a un «non trascurabile
cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personali,
indipendenti dall’età».
Certamente nessuno, nemmeno lo Stato può permettersi di punire chi
convola a nozze con un coniuge di almeno vent’anni più giovane, limandone in
prospettiva la pensione di reversibilità. La Consulta definisce «inaccettabili
le limitazioni basate su un dato meramente naturalistico quale l’età».
Sottolinea con vigore che non è consentito «interferire con le scelte di vita
dei singoli, espressione di libertà fondamentali» tra le quali «la piena
libertà di determinare la propria vita affettiva».
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