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sabato 6 maggio 2017

Il 6° Reggimento Alpini


Il 6° Rgt. alpini fu costituito a Conegliano nel 1883. Qualche anno dopo (1885) si trasferì a Verona nella Caserma “Pallone”. Nel 1902 furono organizzati i Gruppi alpini su due-tre Reggimenti, comandati da un Generale. Il 9 agosto 1910 i Gruppi alpini assunsero il nome di Brigate alpine. Delle tre Brigate, la  III fu formata nella sede di Verona  con il 6°, 7°, 8° Reggimento Alpini.
Il 24 maggio 1915  il 6° Rgt., comandato dal Col. Ugo Porta, era costituito dai battaglioni: Verona, Vicenza, Bassano, Monte Baldo, Sette Comuni, Val d’Adige, Val Leogra, Val Brenta e dal btg. sciatori Monte Pasubio. Per il suo impiego nel conflitto perse la sua unità organica, alcuni suoi battaglioni furono assegnati ad altri Gruppi e Reggimenti. Rimasero al Reggimento i  battaglioni: Verona, Monte Baldo e Val d’Adige; essi all’inizio delle ostilità si schierarono sulla riva orientale del Garda e sugli Altipiani della Lessinia (Monte Baldo-Vallarsa). Con l’evolversi delle operazioni belliche i battaglioni “veronesi” furono impiegati nelle battaglie più impegnative e cruente, basta ricordare le località: Monte Pasubio, Monte Ortigara (il calvario degli alpini), Monte Grappa, Vittorio Veneto.
E’ da ricordare che il 9 luglio 1916, il Ten. Cesare Battisti e il S. Ten. Fabio Filzi, entrambi irredenti, appartenenti al 6° Rgt. alpini, furono catturati dagli austriaci sul Monte Corno e furono giustiziati a Trento. La riorganizzazione ordinativa  post conflitto  vide il passaggio del btg. Verona all’8° Rgt. Alpini, dove restò fino al 1926, prima di far ritorno al suo vecchio Reggimento. Il 6° Rgt., nel frattempo, abbandonò per sempre la città e si dislocò in Alto Adige, pur lasciando il proprio Deposito nella città di Verona. I Battaglioni Monte Baldo e Val d’Adige furono sciolti. 

lunedì 18 luglio 2016

Libertà di scegliere la propria vita affettiva

La Consulta ha dichiarato illegittima e contraria  alla Costituzione la norma contenuta nell’articolo 18, comma 5, del decreto legge n.98/2011, volta a disciplinare la pensione di reversibilità a favore del coniuge superstite, nel caso in cui questi, inferiore di età di più di vent’anni, fosse convolato a nozze con il titolare della pensione ultra settantenne. In pratica si voleva limitare i così detti matrimoni di “convenienza” in quanto avrebbero costituito un aggravio per l’INPS. 
La sentenza della Corte ribalta il pregiudizio negativo che ispira la norma del 2011. Ne contesta l’irragionevolezza perché, spiega la Consulta, si «enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo». Oggi tuttavia, l’arco della vita si allunga e la società è di fronte a un «non trascurabile cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personali, indipendenti dall’età». 

Certamente nessuno, nemmeno lo Stato può permettersi di punire chi convola a nozze con un coniuge di almeno vent’anni più giovane, limandone in prospettiva la pensione di reversibilità. La Consulta definisce «inaccettabili le limitazioni basate su un dato meramente naturalistico quale l’età». Sottolinea con vigore che non è consentito «interferire con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali» tra le quali «la piena libertà di determinare la propria vita affettiva». 

mercoledì 6 luglio 2016

Cosa succede dopo la Brexit?

A regolare la materia è l'articolo 50 del Trattato sull'Unione Europea, una delle due parti del Trattato di Lisbona del 2007, quello che ha creato l'Ue, sostituendo il trattato costituzionale bocciato dagli elettori francesi e olandesi nel 2005. "Qualsiasi Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione", recita il primo comma.
"Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio Europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio Europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Ue".
"L'accordo - prevede ancora il trattato - è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione al Parlamento Europeo. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica, salvo che il Consiglio Europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine".
I due anni valgono come limite per stabilire le modalità di recesso dall'Ue, e non per rinegoziare i rapporti con l'Unione, cosa questa che potrebbe richiedere anni (le stime variano da cinque fino a nove-dieci). Naturalmente, lo Stato che recede "non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio Europeo e del Consiglio che lo riguardano".
La 'secessione' dall'Ue è definitiva, tanto che, se lo Stato ex Ue dovesse decidere di aderire di nuovo, dovrebbe ripercorrere tutte le tappe previste per l’adesione

La Consulta dichiara legittimo il contributo di solidarietà

La Corte costituzionale ha respinto le varie questioni di costituzionalità relative al contributo, che scade nel dicembre 2016, sulle pensioni di importo più elevate (da 14 a 30 volte superiori alle pensioni minime): il prelievo è stato quindi ritenuto legittimo.
La Consulta ha infatti ritenuto che il prelievo sulle pensioni di importo più elevato va considerato come "contributo di solidarietà interno al circuito previdenziale giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema", escludendone invece la natura tributaria. La Corte ha anche ritenuto che tale contributo rispetti il principio di progressività e, "pur comportando innegabilmente un sacrificio sui pensionati colpiti, sia comunque sostenibile in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate”.
La Corte costituzionale si era riunita nella mattinata del 5 luglio u.s. per esaminare le norme varate dal Governo Letta con la Finanziaria 2014 che avevano introdotto un prelievo di solidarietà triennale e progressivo sulle pensioni alte, oltre ai 91 mila euro annui, e una diminuzione, pure progressiva, dell'adeguamento Istat degli assegni al costo della vita. A "impugnare" le disposizioni con 6 diverse ordinanze sono state varie sezioni regionali della Corte dei Conti sulla scorta dei ricorsi presentati da ex magistrati, ex professori universitari e dirigenti di enti pubblici e privati. Si erano costituite a favore delle norme la Presidenza del Consiglio e l’Inps.
Provvedimenti simili varati nel 2011 erano già stati esaminati dalla Consulta e dichiarati incostituzionali. Il Governo Letta li aveva riproposti con dei correttivi per riequilibrare le misure ed evitare una delle principali questioni di incostituzionalità, cioè  che il prelievo di solidarietà fosse  assimilato ad una trattenuta di natura tributaria. 

venerdì 27 novembre 2015

SIGNIFICATO DELLA PAURA


Questa forte emozione ha origini fisiche psichiche ed intellettuali. Ogni persona ha le sue fragilità, le sue paure. Si ha paura per una causa generale esterna (terremoto, terrorismo, della malattia, ecc..)o per cause molto più limitate alla propria personalità, derivanti dalle esperienze fatte e dall’educazione ricevuta (paura di un serpente, del buio, di guidare, ecc..). Lo psicologo insegna che, se desideriamo veramente superare una paura, qualsiasi essa sia, dobbiamo inevitabilmente accoglierla come si farebbe con un ospite fastidioso, ma necessario. L’accettazione è il primo passo da compiere. Questo vuol dire ammettere intanto di avere una paura, ma anche cercare di comprenderla. Ciò significa che non è necessario  farla propria con il proprio raziocinio.  Vuol dire prenderla dentro di noi, dando alla paura la possibilità di esserci, di esistere, di svolgere la sua funzione  (attivare l’organismo con un senso di repulsione o di accelerazione  dell’azione).
La paura ci protegge da esperienze, anche se piacevoli, che minacciano un equilibrio che non siamo ancora pronti a rompere ed allo stesso tempo erige intorno a noi un muro invisibile: più grande e invasiva è la paura, più alto è il muro e angusto lo spazio interno che comunica con il mondo esterno. Insomma una prigione.  All’interno di questo luogo protetto, ognuno con i suoi tempi, può costruire o rinforzare quegli aspetti fragili, vulnerabili di sé, aspetti che non sono ancora pronti a relazionarsi e confrontarsi con il mondo. In questo modo la paura diventa un potenziale strumento di crescita e d’evoluzione per ogni individuo che intende mettersi in gioco e trasformare aspetti disarmonici di sé.
Quando vinciamo una paura, significa che ci siamo aperti a una nuova consapevolezza, che abbiamo fatto nostri quegli aspetti di noi stessi e della vita che non accettavamo, anzi che disdegnavamo con tanta energia.

lunedì 12 agosto 2013

La sindrome di Jago

L’invidia è un sentimento  negativo  che  colpisce  le  persone  subdole e  moralmente abbiette ,  in  quanto cercano di demolire l’altro seminando calunnie e falsità. 
Una volta, in un prato, una rana vide un bue e presa dall’invidia gonfiò la pelle rugosa: allora interrogò i suoi figli, chiedendo se fosse più grande del bue. Essi risposero di no. Di nuovo tese la pelle con sforzo più grande e chiese chi fosse più grande. I figli replicarono: il bue. Infine indignata mentre si volle gonfiare più fortemente, giacque con il corpo scoppiato.”(Fedro)
Dice Alberoni: “ L’invidia è il sentimento che noi proviamo quando qualcuno, che noi consideriamo di valore uguale al nostro ... ottiene l’ammirazione altrui. Allora abbiamo l’impressione di una profonda ingiustizia nel mondo. Cerchiamo di convincerci che non lo merita, facciamo di tutto per trascinarlo al nostro stesso livello, di svalutarlo; ne parliamo male, lo critichiamo … ci rodiamo di collera e, nello stesso tempo, siamo presi dal dubbio”.
L’invidia diviene patologica nel momento in cui i desideri della persona danno concretamente il via ad azioni che effettivamente comportano un danno per l’altro.
Tuttavia, anche a prescindere da casi in cui l’invidia è manifestamente patologica, è bene occuparsi di essa perché è un sentimento doloroso, dal quale è difficile liberarsi attraverso riflessioni logiche e razionali. L'invidia è penosa per chi la sperimenta, perché comporta il vivere in pieno sentimenti negativi, quali il rancore, l’ostilità e l’odio.
Shakespeare, attraverso la figura di Iago, ci rappresenta la massima espressione dell’invidia: egli insinua, in Otello, il tradimento di Desdemona con l’obiettivo preciso di distruggere la felicità altrui. Dante nel Purgatorio pone gli invidiosi seduti sulla sesta cornice, con gli occhi cuciti con il fil di ferro per l’aver gioito delle disgrazie altrui.

mercoledì 24 luglio 2013

La maldicenza è un venticello...

..che nelle orecchie della gente s’introduce destramente, e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar..(Barbiere di Siviglia).
Qualche anno fa (2007) un sentenza della Cassazione ha stabilito che parlare male della propria Azienda/Organizzazione può mettere a rischio il posto di lavoro, in quanto la maldicenza può esprimere una "potenzialità negativa sul futuro adempimento degli obblighi del lavoratore e fa vacillare il rapporto di fiducia con il datore di lavoro”. L'Alta Istituzione ha accolto il ricorso di una struttura ospedaliera, considerando che nel valutare la giusta causa per il licenziamento “va tenuto presente che l'intensità della fiducia richiesta è differenziata a seconda della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell'oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono”.
Il fatto merita qualche commento. Quante volte anche nel nostro ambiente militare e non,  nonostante la calunnia sia trattata nel codice penale, si è sentito parlare male di tizio o di caio, dell’ANUPSA e i suoi componenti per qualche disguido, disposizione ritenuta ingiusta o inaccettabile. Ci sono stati casi in cui, per effetto di questo comportamento negativo da parte di qualche individuo  il Comandante o il Capo si è trovato in difficoltà nel salvaguardare l’onore e lo spirito della propria Organizzazione. Sino a quella sentenza il subordinato era sempre stato salvaguardato, nonostante palesi mancanze di rispetto verso l’Organismo in cui lavorava (come si dice, anche se sputava sul piatto ove mangiava). Il provvedimento di licenziamento/espulsione dovrebbe essere adottato anche negli ambienti delle Forze Armate  o della Società civile per quelle persone che giustificano le proprie inadempienze, gettando scredito o parlando male del personale o dell’Organismo ove svolgono le proprie mansioni.