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mercoledì 6 luglio 2016

Cosa succede dopo la Brexit?

A regolare la materia è l'articolo 50 del Trattato sull'Unione Europea, una delle due parti del Trattato di Lisbona del 2007, quello che ha creato l'Ue, sostituendo il trattato costituzionale bocciato dagli elettori francesi e olandesi nel 2005. "Qualsiasi Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione", recita il primo comma.
"Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio Europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio Europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Ue".
"L'accordo - prevede ancora il trattato - è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione al Parlamento Europeo. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica, salvo che il Consiglio Europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine".
I due anni valgono come limite per stabilire le modalità di recesso dall'Ue, e non per rinegoziare i rapporti con l'Unione, cosa questa che potrebbe richiedere anni (le stime variano da cinque fino a nove-dieci). Naturalmente, lo Stato che recede "non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio Europeo e del Consiglio che lo riguardano".
La 'secessione' dall'Ue è definitiva, tanto che, se lo Stato ex Ue dovesse decidere di aderire di nuovo, dovrebbe ripercorrere tutte le tappe previste per l’adesione

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