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mercoledì 24 luglio 2013

La maldicenza è un venticello...

..che nelle orecchie della gente s’introduce destramente, e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar..(Barbiere di Siviglia).
Qualche anno fa (2007) un sentenza della Cassazione ha stabilito che parlare male della propria Azienda/Organizzazione può mettere a rischio il posto di lavoro, in quanto la maldicenza può esprimere una "potenzialità negativa sul futuro adempimento degli obblighi del lavoratore e fa vacillare il rapporto di fiducia con il datore di lavoro”. L'Alta Istituzione ha accolto il ricorso di una struttura ospedaliera, considerando che nel valutare la giusta causa per il licenziamento “va tenuto presente che l'intensità della fiducia richiesta è differenziata a seconda della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell'oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono”.
Il fatto merita qualche commento. Quante volte anche nel nostro ambiente militare e non,  nonostante la calunnia sia trattata nel codice penale, si è sentito parlare male di tizio o di caio, dell’ANUPSA e i suoi componenti per qualche disguido, disposizione ritenuta ingiusta o inaccettabile. Ci sono stati casi in cui, per effetto di questo comportamento negativo da parte di qualche individuo  il Comandante o il Capo si è trovato in difficoltà nel salvaguardare l’onore e lo spirito della propria Organizzazione. Sino a quella sentenza il subordinato era sempre stato salvaguardato, nonostante palesi mancanze di rispetto verso l’Organismo in cui lavorava (come si dice, anche se sputava sul piatto ove mangiava). Il provvedimento di licenziamento/espulsione dovrebbe essere adottato anche negli ambienti delle Forze Armate  o della Società civile per quelle persone che giustificano le proprie inadempienze, gettando scredito o parlando male del personale o dell’Organismo ove svolgono le proprie mansioni.